Conviene davvero disintermediare dalle OTA? Stai facendo bene i conti dei tuoi reali costi di vendita?

Conviene disintermediare?

A volte sembrano come quegli amici che in realtà amici non sono, che ti fregano sempre, soprattutto nel momento del bisogno. Oppure, altre vole, sembrano come quelle persone che ci stanno antipatiche, che pensano solo per se stesse ed ai propri affari. Ma che in certi momenti di necessità, fanno sentire la loro presenza, si ricordano di noi.

Di chi sto parlando? Delle OTA, ovvero del tema più dibattuto dagli albergatori italiani.

Le OTA sono amiche o nemiche?

Le OTA sembrano come il colesterolo: troppo fa male per la pressione e al cuore. Ma di per sè il colesterolo non è nocivo. In quantità moderate, infatti, è necessario al corretto funzionamento di cellule, nervi e ormoni, ed è un componente essenziale di tutte le cellule del corpo, senza il quale la vita non sarebbe possibile.

Allo stesso modo le OTA rappresentano una grande opportunità per gli hotel: visibiltà, distribuzione capillare, internazionalizzazione, accesso a mercati altrimenti inaccessibili.

E’ davvero così conveniente avere una strategia di vendita diretta online?

Ultimamente si leggono sempre più spesso pareri discordanti in merito allo strapotere delle OTA e sulla necessità di disintermediare ed avere una propria ed efficace strategia di vendita diretta. Parallelamente sento montare l’odio verso le OTA, sia da parte degli albergatori che da parte delle agenzie e consulenti, che, forse in maniera interessata, non fanno altro che soffiare sul fuoco della ribellione alla pervasività delle OTA.

Ma andiamo per ordine ed analizziamo lo scenario.

Tramontato lo spauracchio relativo a Tripadvisor che fino ad un paio di anni fa faceva perdere il sonno agli albergatori, e fintanto che il mercato non si renderà per bene conto della minaccia che rappresenta Airbnb ed in generale l’offerta alternativa degli affitti brevi, ora il nemico è diventato soprattutto Booking.com ed il suo (presunto) ingiusto strapotere.

E così c’è qualcuno che addirittura si chiede se non sia il caso di dare tutto il proprio inventory alle OTA e di concentrarsi esclusivamente sul prodotto e sull’esperienza dell’utente. Secondo questa tesi, al posto di pagare consulenti e campagne di marketing si dovrebbe investire nella soddisfazione del cliente e lasciare la parte commerciale alle OTA, che certamente sono più efficienti. Anzichè in tecnologia, siti web e CRM si dovrebbe investire nel servizio, o, perchè no, in attività volte a sorprendere e stupire al cliente, in modo da creare una reale differenziazione rispetto alla concorrenza. Un’esperienza wow, insomma, che ovviamente avrebbe un non trascurabile effetto positivo su passaparola e recensioni, con la conseguente possibilità di alzare poi i prezzi. In fondo, c’è tanto di quel lavoro da fare nel migliorare l’esperienza in hotel, che tutti quanti gli albergatori sarebbero già belli che sudati se si concentrassero solo su quello. Sono abbastanza d’accordo su questo approccio, anche se non lo consiglierei mai, sia perchè ci si esporrebbe ad una pericolosissima dipendenza distributiva verso terzi, sia perchè vendere è una funzione chiave di qualsiasi impresa, pertanto non è possibile abdicare a terzi e nascondere la testa sotto la sabbia.

C’è poi qualcun altro che ha analizzato un po’ di dati e ha tirato fuori che non è assolutamente vero che le campagne dirette siano sempre convenienti, anzi.

Come se non bastasse, lo stesso autore dimostra anche che le loyalty membership delle grandi catene alberghiere non sono quasi mai così convenienti per l’hotel affiliato in termini di profitto netto. In poche parole, considerando i notevoli costi di gestione dei programma di loyalty, il costo della sua promozione ed un incentivo del 10% di sconto per le prenotazioni tramite loyalty, fatti i dovuti distinguo e considerando che probabilmente parte di queste prenotazioni dirette avverrebbero comunque, anche senza loyalty program, alla fine delle fiera potrebbe essere conveniente generare prenotazioni tramite le OTA piuttosto che tramite programma di incentivo alle prenotazioni dirette. Mi sembra quantomeno buffo che la più importante strategia di disintermediazione messa in campo dalle catene alberghiere sia più costosa di una vendita intermediata.

Le OTA si concentrano su clienti NON legati ad alcun brand, che sono alla ricerca di un prodotto molto vicino alla commodity. Non a caso, secondo Expedia, solo un misero 0,5% di utenti cercano seguendo uno specifico brand o catena di alberghi. Insomma, è molto più probabile che un utente scopra un hotel tramite le OTA piuttosto che un utente fedele ad un brand lo vada a prenotare sulla OTA stessa.

Ma la domanda vera da farsi è la seguente: qual è il valore del tuo brand come hotel in mondo dominato dalle OTA?

Non c’è niente da fare: le OTA avranno SEMPRE un booking engine più performante, più soldi da investire, esperti di marketing più formati e più veloci, copy che scriveranno testi più persuasivi, più assistenza clienti (tutti i giorni 24 ore al giorno) in più lingue (vuoi mettere 42 lingue con quelle 2-3 che conosce il tuo reparto prenotazioni?), più dati (i PMS hanno cominciato adesso ad inserire le prime funzionalità di CRM: ci vorranno anni per arrivare a qualcosa con un impatto significativo sul fatturato).

E dall’altro lato anche le grandi catene alberghiere stanno profondamente cambiando: stanno abbandonando i loro contratti in franchising per versioni più light, legate al concetto di Collection (ad esempio Autograph di Marriott, Curio di Hilton e Ascend di Choice Hotel International): in questo modo possono sfruttare il marchio senza avere il peso economico e gestionale di un più rigido franchising. La stessa Accorhotels ha aperto il suo portale all’ingresso di hotel indipendenti (anche se severamente selezionati), trasformandosi, di fatto in una specie di OTA. E parallelamente Booking, con il suo Booking Suite si sta sostituendo in alcune funzioni al ruolo originario delle catene: sito web e strategie di revenue management. Insomma, il mondo sta andando sotto-sopra.

Le OTA fanno davvero tutti questi soldi?

Se guardiamo ai dati del 2016 di Expedia vediamo che:

  • Il transato totale è di 72,4 miliardi di dollari
  • Il margine di Expedia (dopo aver pagato tutti i suoi fornitori, hotel, compagnie aeree e autonoleggio) è di 8,77 miliardi di dollari (circa il 12% del transato)
  • Quando a quest’ultimo importo togliamo tutti i costi che deve sostenere la OTA (personale, tecnologia, marketing ecc..), il profitto è di “soli”461,7 milioni di dollari, che corrisponde al 5,3% dei ricavi ed al 0,64% del transato

Questo significa che su ogni prenotazione da €100 effettuata da Expedia, il guadagno netto della OTA è di soli 64 centesimi di euro.

E Booking.com? Guadagna sulla testa degli albergatori circa il 4,3% sul totale del transato. Il che significa che ogni €100 di prenotazioni Booking ha un profitto netto di €4,3.

Guardando le cose da questa prospettiva, le cose appaiono un po’ diverse: nonostante la percezione largamente diffusa che le OTA stiano facendo profitti soprannaturali mangiando in testa agli alberghi, in realtà la maggior parte dei ricavi vengono reinvestiti in marketing e tecnologia, per continuare a pompare la loro crescita. Per essere chiari, non ho mai visto un hotel investire neanche lontanamente il 50% dei propri profitti in marketing.

E se andiamo a vedere le cose dalla prospettiva delle grandi catene alberghiere internazionali emerge che gli investimenti in marketing e tecnologia che fanno sono decisamente limitati rispetto a quelli delle OTA. Per tenere il passo dovrebbero incrementare ancora le loro fee agli associati, erodendo ulteriormente i loro margini.

La grandiosa scalabilità delle OTA, in altre parole, è semplicemente irreplicabile, sia per le catene alberghiere che, a maggior ragione, per gli hotel indipendenti. L’efficienza, la scalabilità di tecnologia e marketing, l’assistenza multi-lingua a tutte le ore del giorno e della notte, la fiducia che ottengono dagli utenti, la quantità enorme di dati e le interfacce sempre migliori creano semplicemente un solco che nessuna compagnia alberghiera, nemmeno con migliaia di hotel, riesce a valicare.

E se le OTA non esistessero? Beh, probabilmente la situazione ad oggi sarebbe ben peggiore: gli hotel dovrebbero affidarsi al marketing ed ai canali distributivi tradizionali, che sono notoriamente più inefficienti e pertanto decisamente più costosi, che gravi conseguenze sui profitti degli hotel.

Senza poi considerare il fatto che fare la OTA è davvero una faticaccia. Moltissime OTA sono fallite. Decine, forse centinaia. Tanti hanno perso soldi nel vano tentativo di raggiungere la chimera di Booking.com. Tanti sono partiti con la promessa di essere una OTA meno costosa, più giusta nei confronti degli albergatori, meno esosa. E poi hanno chiuso subito dopo che sono finiti i soldi dei primi finanziamenti. Ne è prova inoltre la recente mossa di Tripadvisor, che, dopo la propria mossa nel cercare di diventare una OTA con l’Instant Booking ha perso la bellezza del 60% del proprio valore di Borsa. Insomma, mica facile essere una OTA.

E allora, che fare? Ha senso avere una strategia di vendita diretta?

La mia personale opinione è la seguente: mai cercare di competere con le OTA sullo stesso piano delle OTA. La partita è semplicemente persa in partenza. E’ come se il Caltanissetta giocasse con la Juve: per quanto ci possano provare i ragazzi del Caltanissetta, mi spiace, ma non credo ci sia partita.

Ci sono solo 2 mercati da cui un hotel può attingere: quello che genera la piazza e quello che genera l’hotel di per sè. Ecco, a mio avviso il mercato su cui la maggior parte degli hotel italiani attinge è quello della piazza, quello che genera la destinazione o gli eventi della zona o la location della struttura. Ecco, questo mercato è di fatto in mano alle OTA. Semplicemente perchè sono lo strumento più efficiente per guidarlo e per soddisfare la domanda. Non è possibile competere. Fine dalla storia.

L’unico modo per generare prenotazioni dirette da questo mercato è, di fatto, comprarle. Sì, hai letto bene, comprare prenotazioni. Mettendo sul piatto una solida campagna marketing e incentivi di varia natura o un bel programma di fidelizzazione.

Ma fai attenzione, questo tipologia di fidelizzazione è molto labile e non scalabile, sostanzialmente diversa rispetto alla fidelizzazione verso un marchio, quella NON si compra con uno sconto del 10% o con una bottiglia di vino.

In questo scenario è possibile che il costo della vendita diretta, complessivamente, possa essere superiore al costo di una prenotazione intermediata. Perchè se consideri tutti i costi per acquisire traffico, sito web, booking engine, consulenti, agenzie e costi di manutenzione + il costo degli incentivi è possibile che tutte queste somme possano essere superiori alla commissione di una OTA. E non sto parlando solo della prima prenotazione, questi valori potrebbero essere validi anche su tutte le eventuali successive prenotazioni. In buona sostanza, nel mercato delle camere fare la guerra alle OTA potrebbe non convenire. Ripeto potrebbe: tutto sta nel testare ed ottimizzare tutto ciò che è misurabile.

O meglio si tratta di un gioco di equilibri, di bilanciamento del mix distributivo: analizzare bene i numeri, includendo tutti i costi relativi a ciascun canale di vendita risulta essere necessario.

Che piaccia o non piaccia questo è lo scenario attuale. Nonostante tutte le porcate che fanno le OTA (da Expedia che rompe la parity del 10% (!) per le prenotazioni mobile, ai loro programmi di loyalty, alle speculazioni su cambi-valuta, fino al brand bidding, ovvero l’acquisto di nomi hotel come parole chiave). E nonostante il fatto che, a tutte gli effetti, le OTA non abbiano generato domanda incrementale, ovvero non hanno generato nemmeno un camera in più venduta rispetto al passato, anche se è ciò che lasciano intendere.

Ecco, nonostante tutti questi distinguo, per molti hotel potrebbe non convenire investire più di tanto su una strategia di vendita diretta.

In definitiva, quindi, nel mercato delle camere, si tratta di un gioco di numeri: occorre dosare bene investimenti diretti e incentivi per combattere lo strapotere delle OTA, per non rischiare di avere un costo di acquisizione per prenotazione superiore alle commissioni.

E ora veniamo al mercato creato dagli hotel stessi, non strettamente legato alla destinazione. Questo mercato, prettamente più leisure ed esperienziale, è certamente più difficile da perseguire rispetto a quello delle camere. Sono pochissimi gli hotel in Italia che giocano su questo mercato, benchè i consumatori ne siano alla disperata ricerca. Questo perchè è certamente più rischioso creare un Brand differenziato rispetto a provare a giocare le proprie carte in quello delle camere. Tuttavia questa rappresenta la vera essenza del marketing: costruire un brand è molto più remunerativo che rimanere legato alle tattiche per comprare clienti su un mercato altamente infedele come quello dei posti letto in una destinazione.

La prima cosa da fare per un hotel, soprattutto se indipendente, è quindi definire una propria idea di marketing, per uno specifico target. E per la maggior parte degli hotel italiani, qui casca l’asino: non sanno chi sono, quali Ospiti vogliono e come organizzare prodotto e marketing intorno a loro. Si tratta, in buona sostanza, di un lavoro molto più profondo e strategico rispetto a mettere le camere su booking.com, fare una promozione 3×2 notti o fare una campagna PPC.

L’obiettivo è uscire dalla vendita delle camere per vendere qualcosa di diverso, percepito come unico, anche se fosse solo per un target specifico e per una parte delle camere. Solo uscendo dalla vendita delle camere, infatti, è possibile creare una VERA e propria strategia di vendita diretta. Una volta definito target, messaggio e prodotto, sarà molto più facile ed economico spingere tutti i propri sforzi marketing per prendersi quel target. E qui, Booking.com non ti verrà mai a prendere.

Ne parlavo anche qui, dove spiegavo che disintermediazione e strategia di marketing sono 2 cose ben diverse.

In conclusione ecco cosa devi fare se sei arrivato a leggere fino a qui:

  • calcola il costo reale delle tue vendite dirette, sommando tutti i costi annessi e connessi, e confrontalo con il costo di tutti gli altri distributori
  • usa in maniera tattica (e con attenzione) le attività di disintermediazione sul mercato delle camere
  • comincia subito a sviluppare la tua strategia di marketing per creare la tua domanda, non legata alla destinazione
  • fai la differenza costruendo una esperienza per il tuo Ospite target davvero wow

Buon hotel marketing!

2 commento su “Conviene davvero disintermediare dalle OTA? Stai facendo bene i conti dei tuoi reali costi di vendita?

  1. Marcello

    Tutto vero, tutto giusto… condivido al 100% 🙂

    Forse queste tue riflessioni sono ancor più vere se consideriamo i piccoli (B&B, affitacamere, piccoli hotel, ecc.).

    Ok per il discorso sul “Brand”. È vero che si tratta dell’essenza del marketing e lo ripeto anch’io come un mantra i miei clienti: “crea un brand, crea un brand, crea un brand”.

    Però in Italia abbiamo la fortuna di avere tante bellissime “piazze” per usare la tua terminologia 🙂 A questo punto, creare dei contenuti utili e originali che diano risalto alla propria destinazione ed alle esperienze che si possono vivere in una determinata zona, può essere un’altrettanto valida strategia di differenziazione (visto che non lo fa quasi nessuno) e di disintermediazione.

    Non credi?

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    1. Francesco Autore articolo

      Ciao Marcello, grazie per il commento!
      Sono d’accordo con te, ma solo parzialmente. E’ vero che le strutture che “sfruttano” il territorio sono pochissime, ma è anche vero che presto potrebbero essere molte di più. La strategia è replicabile da tutti i competitor, in breve tempo ed a costi limitati. Io consiglio sempre di creare il proprio mercato, lavorando su prodotto e comunicazione, cercando sempre la propria unicità.

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