Il bluff della Parity Rate di Booking.com

bookingSi fa un gran parlare recentemente di Parity Rate nella distribuzione online. Ed a ben ragione considerando che il prezzo è, insieme alla reputazione, un fattore determinante nelle decisioni di acquisto.

E’ notizia di qualche mese fa il fatto che Booking.com abbia offerto concessioni all’Antitrust di Italia, Svezia e Francia, circa la clausola contrattuale di Parity Rate che vincola gli hotel distribuiti dalla multinazionale. Ad una prima battuta si trattava di una sensazionale decisione di rinunciare ad uno dei suoi lacciuoli più stringenti.

In realtà, a freddo, tali concessioni si configurano totalmente inutili ai fini di una sostanziale modifica della parità tariffaria dell’intero mercato. In buona sostanza l’Antitrust non otterrà alcun aumento nella libertà del mercato. Anzi.

Vediamo bene perchè.

Furono in molti, a maggio del 2014, ad esultare dopo l’apertura dell’istruttoria da parte dell’Antitrust. Sembrava che la rivincita degli hotel indipendenti e delle associazioni albergatori fosse vicina. Ma Booking ha giocato d’anticipo, e, al fine di chiudere immediatamente la questione, ha annunciando il suo impegno a modificare la clausola cosiddetta ‘Most favoured nation’ (Mfn) inserita nei rapporti contrattuali coi propri ‘hotel partner’, “in modo che sia applicabile esclusivamente ai prezzi e alle altre condizioni pubblicamente offerte dagli hotel attraverso i propri canali di vendita diretta, sia online che offline, e non più sui prezzi proposti su altre On line travel agencies (Ota)”.

In parole povere, gli Hotel non hanno più alcun vincolo di applicare le stesse tariffe su tutte OTA con cui distribuiscono il loro prodotto. Possono pertanto offrire ad Expedia un prezzo più basso rispetto a quello proposto su Booking.

C’è un unico limite da rispettare però: le tariffe su Booking.com devono essere uguali a quelle applicate dai siti web degli hotel stessi.

Nella sua intervista rilasciata a BookingBlog di qualche giorno fa, Andrea D’Amico, Regional Director per l’Italia, ci racconta la posizione di Booking.com.

Per la multinazionale olandese l’unica Parity Rate che conta è quella con il sito web proprietario della struttura ricettiva.

In base alla proposta presentata da Booking.com, ed accettata dalle autorità di Italia, Francia e Svezia, gli alberghi possono offrire tariffe più basse ad altri intermediari e rispettare la parità tariffaria soltanto per le prenotazioni dirette che non provengano da loro clientela fidelizzata.

Giustamente, l’intervistatore di BookingBlog incalza:

L’annuncio prevede l’abolizione della clausola di rate parity tra Booking.com e le altre OTA, mentre rimane nei confronti del sito dell’hotel. Da molte parti si sono levate critiche su questa scelta che viene ritenuta solo un palliativo che non cambierà le cose dal punto di vista della libera concorrenza. Cosa ne pensa in merito?

E D’Amico risponde:

L’indagine da parte dell’Antitrust era mirata ad individuare possibili restrizioni alla concorrenza tra OTA, riteniamo che le modifiche apportare vadano esattamente in questa direzione.

In buona sostanza, fatta le legge, trovato l’inganno.

La distribuzione diretta online degli hotel non rappresentano forse parte del mercato? La clientela fidelizzata, per la quale D’Amico concede la libertà tariffaria (“rispettare la parità tariffaria soltanto per le prenotazioni dirette che non provengano da loro clientela fidelizzata”), sempre più prenoterà online in maniera diretta, attraverso i siti web degli hotel, questo è un dato di fatto. Mi pare pertanto una dichiarazione inequivocabile quella di Booking: vogliamo il vostro business diretto, è più facile da acquisire rispetto a quello di Expedia (quello sì, che è da strappare con i denti).

Il vincolo con i siti web degli hotel è pertanto iniquo e insensato, se l’Antitrust vuole davvero raggiungere la libertà del mercato. Un cliente fidelizzato che, a questo punto malauguratamente decidesse di prenotare online in maniera diretta, sarebbe da considerare in obbligo di Parity o meno?

Non solo: visto il fortissimo concentramento del mercato in un duopolio di fatto (Expedia e Booking), soprattutto in virtù delle recenti acquisizioni (vedi Orbitz, Travelocity ecc..), il potere contrattuale delle strutture ricettive si assottiglierà ancor di più e, di fatto, non ci sarà vera concorrenza tra i 2 colossi: Booking sa che nessun hotel abbasserà le proprie tariffe su Expedia, notoriamente più esoso in termini di commissioni e, anche allorquando accadesse, la punizione sul marketplace di Booking.com sarebbe ferale: il sistema premia esclusivamente la conversione, pertanto ad un abbassamento di conversione causata da un pricing non allineato significherebbe un deciso calo di visibilità e, di conseguenza, di volumi.

Ma perchè Booking è così deciso a non rimuovere la Parity con i poveri siti web degli hotel?

Dice D’Amico:

Per ogni struttura che si registra ci occupiamo di creare una pagina di presentazione, tradurla fino a 42 lingue, renderla visibile non soltanto su Booking.com ma anche su oltre 5.000 siti affiliati, su supporti mobile come smartphone e tablet; investiamo in visibilità tramite campagne a pagamento su tutti i motori di ricerca ed in tutte le lingue, mettiamo a disposizione delle strutture un’assistenza clienti multilingua 24/7; a fronte di tutto questo, l’albergo non sostiene alcun costo se non le commissioni sulle prenotazioni andate a buon fine.

Il che è verissimo, ma non capisco cosa c’entri con la Parity Rate. Tradurre, investire, distribuire fa parte del mestiere del distributore, esattamente come accogliere, servire e formarsi fa parte del lavoro dell’albergatore.

Il punto è: il sito web dell’hotel è il vero nemico di Booking.com? E’ questo il suo reale competitor, e non Expedia?

Ma qualora dovesse definitivamente cadere l’obbligo di Parity con gli hotel quale scenario si immagina Booking.com?

D’Amico:

Il nostro attuale modello di business non sarebbe più sostenibile ed andrebbe completamente rivisto.

In pratica, il business di Priceline, la cui capitalizzazione di Borsa raggiungere i 55 miliardi di dollari, che ha oltre 500.000 hotel in inventory e che realizza acquisizioni a destra ed a manca, si regge davvero sulla clausola di Parity Rate con gli hotel?

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