BTO 2016: Riflessioni sopra il significato del turismo

Sono di ritorno dai 2 giorni della BTO di Firenze. Come sempre, l’evento è stato ricco di spunti interessanti e di nuove riflessioni personali.

Quello che segue è la mia personalissima opinione sull’evento, ma, soprattutto, sui contenuti.

Il tema di quest’anno è stato davvero azzeccatissimo e decisamente stimolante, in particolar modo per me che sono molto allineato con questo approccio. Il tema era WHY, perchè. Ricercare il perchè delle cose, delle situazioni, dello status quo è un esercizio estremamente salutare nel business così come nella vita.

Non a caso sono anche un grande estimatore di Simon Sinek, che con il suo Partire dal perché. Come tutti i grandi leader sanno ispirare collaboratori e clienti: Come tutti i grandi leader sanno ispirare collaboratori e clienti, ci illumina sulla dimensione del perchè: solo le aziende che si fanno la domanda più dura (ma importante) hanno successo. Il fine di aziende, professionisti, organizzazioni non può essere il profitto. Il profitto è semplicemente il risultato che si ottiene soddisfacendo il mercato. Ma il mercato si conquista ispirandolo con valori forti, una mission coinvolgente, con una reputazione credibile.

Eppure la maggior parte delle aziende si focalizzano sul cosa (un hotel 4 stelle, ad esempio). Alcune al massimo arrivano a definire il come (un hotel 4 stelle con servizi per famiglie). Solo poche arrivano a definire il loro perchè. E non si tratta del profitto, come si diceva.

Ma di quello che le motiva a stare sul mercato. Quello che rappresenta davvero ciò che comprano i loro clienti. Le persone non comprano più che cosa facciamo e come lo facciamo, ma i perché lo facciamo. Quando si compra si fa sulla base della propria vita. Delle proprie motivazioni, dei propri perché.

Proseguendo il parallelismo con il family hotel di prima, “il perchè” ad esempio potrebbe essere il desiderio di far giocare con la fantasia i bambini. In altra parole la mission di questo ipotetico hotel dovrebbe essere: l’Hotel che accende la fantasia dei bambini.

Come conseguenza verranno creati mondi fantastici e meravigliosi: sarà possibile disegnare su tutte le pareti delle camere; in spiaggia potranno dipingere il mare; al ristorante potranno giocare con gli ingredienti; nelle aree gioco potranno costruire castelli innevati, feroci tirannosauri e simpatici robot con mattoni di cartone.

Costruendo tutto il proprio prodotto su questa idea, molto più “alta” e potente rispetto ad un classico hotel per famiglie, certamente avrà molte più cose da dire, ed il messaggio sarà decisamente più forte e coinvolgente rispetto a vendere una camera family con lo sconto bambino.

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Tornando al BTO, ho visto tanta, forse troppa, tecnologia. Booking engine, channel manager, RMS, CRM e così via. E lo stesso dicasi per il web marketing, social media marketing, disintermediazione ecc.. Tutte con le loro piccole/grandi innovazioni che però a me lasciano sempre un po’ dubbioso sul loro reale impatto sul fatturato. Per carità, non voglio dire che non siano impattanti, anzi. Mi hanno davvero impressionato (negativamente) alcuni dati:

  • Solo il 20% degli Hotel fa campagne di protezione del brand su Google
  • Solo il 12% degli Hotel fa campagne su metasearch
  • Solo il 3% degli Hotel investe in remarketing, social media marketing o display

Il che tradotto significa che gli Hotel lasciano sul piatto quantità enormi di fatturato alle OTA, le quali, ringraziano.

Ma nonostante questi dati a mio avviso drammatici, forse ci dimentichiamo che i problemi veri degli albergatori spesso sono da un’altra parte.

Per questo motivo mi è piaciuto molto l’approccio di Rocco Rossitto e Paolo Ratto: “oggi come oggi, dire qualcosa a tutti i costi spesso ha la meglio sull’avere qualcosa da dire”.

Inutile avere la tecnologia migliore, ossessionarsi con Facebook e Instagram e progettare il sito web migliore del mondo se l’hotel non ha contenuti. Se non sa creare un dialogo con la propria audience. Se non ha un prodotto che meriti davvero di essere comunicato.

Per questo mi è piaciuto l’intervento del mio amico Nicola Delvecchio su come progettare una riqualificazione di successo di un hotel. Con lui condivido lo stesso problema. L’albergatore pensa sempre che se non vende ci sia un problema di comunicazione o distribuzione. “Devo rifare il sito!”; “La mia web agency non mi segue come dovrebbe!”. Oppure: “E’ tutta colpa delle OTA, maledette! Dobbiamo cercare un modo per disintermediare!”; “Dobbiamo fare qualcosa su Tripadvisor, cosa possiamo fare?!?”. Che poi non è altro che un modo per trovare una motivazione esterna ai propri problemi. Un tentativo, in altre parole, di cambiare senza cambiare davvero, di apparire diversi senza esserlo davvero. Perchè -ovviamente- cambiare davvero è molto più faticoso.

Durante la BTO mi piace anche ascoltare degli speech non direttamente connessi alla mia professione. Così, per allargare la mente e stimolare il pensiero laterale. E così sono finito ad ascoltare i dati – anche questi drammatici – del settore agrifood:

  • Solo il 25% delle aziende agrifood italiane hanno un ecommerce
  • Il 90% delle domanda di food Made in Italy mondiale non viene soddisfatta
  • Il mercato è strapieno di prodotti Italian Sounding (tipo il Parmesan della Kraft) perchè di fatto il prodotto è troppo difficile da reperire

In altre parole, l’agrifood italiano è nelle stesse condizioni dell’hotellerie di 10-15 anni fa. Quando gli albergatori non avevano ancora capito la rivoluzione digitale che era in atto e si ostinavano a fare le cose come avevano sempre fatto.

Infine, in questa BTO dove mi sono piaciuti di più gli interventi dove venivano poste le domande giuste piuttosto che “soluzioni zoppincanti”, non posso non citare la meraviglia dell’intervento di Michil Costa.

Che prima ci riporta con i piedi per terra, distruggendo tutta la finzione che tutta l’industria turistica ha creato (i paesini perfetti con gli chalet finti, il sushi in montagna, i passi dolomitici invasi dalle moto) e poi ci porta in alto, molto in alto, raccontandoci di come sia riuscito a costruire un hotel per il bene comune.

Nel suo hotel, infatti, al centro non c’è il profitto, ma l’uomo. Uomo inteso come tutti gli esseri umani che vengono direttamente od indirettamente coinvolti dalla sua struttura. I dipendenti sono coinvolti nella gestione della struttura. L’impatto ambientale dell’hotel è molto basso. Gli Ospiti vengono “educati” al rispetto delle Dolomiti. Un giorno alla settimana non si mangia carne.

Un intervento bellissimo il suo. Che fa riflettere che cosa sia davvero il turismo. Che non servono più aeroporti per aumentare il fatturato di una destinazione. Che essere autentici prima di tutto significa mostrare i propri limiti. Che le bellezze del nostro mondo (siano essere naturalistiche, culturali o artistiche) non sono solo Brand da sfruttare da un punto di vista marketing, ma vanno protette e amate.

C’è bisogno di tanti inverventi così al BTO.

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